domenica 27 aprile 2014

ABOUT TIME

Carissima, ieri sera sono stata al cinema di Piangipane con degli amici: questo è un teatro sociale, che si trova a Piangipane, sorretto da coraggiosi volontari, il martedì proietta film (spesso d’essai) e la cosa meravigliosa è che lo si vede come nei vecchi café chantant dove si è seduti in tavoli con poltrone rosse e si può bere e mangiare durante lo spettacolo. Insomma, il martedì sera lì dentro puoi tranquillamente pensare di essere in un vecchio locale parigino; posti così ne ho visto qualcuno solo a Napoli e io li adoro. Nel teatro di Piangipane, le “sfogline” locali (vecchie signore che tirano la sfoglia per la pasta all’uovo) preparano i cappelletti che vengono serviti durante l’intervallo con un bel bicchiere di Sangiovese. A te piacerebbe questo posto, credo. Ieri sera proiettavano un film che probabilmente non avrei scelto mai: un film inglese, lo stesso regista di Nottingh Hill, credo si intitolasse Questione di tempo. 
Ad ogni modo, il film narra di un ragazzo che vive in un posto splendido sul mare in Cornovaglia, con la sua famiglia, una famiglia stile Mulino Bianco – ma senza gay! Il ragazzo ha un dono particolare ossia può tornare indietro nel tempo e modificare le cose che erano successe. Il plot è tutto lì. La vicenda del film però, benché leggera e tipicamente anglosassone nello humour, cerca di dimostrare come la modifica, anche migliorata, di un solo dettaglio del proprio passato determini inequivocabilmente un completo stravolgimento del presente e quindi del futuro di quella persona. Inoltre, a volte, la modifica di un dialogo, una parola di un momento passato NON determina nessun effetto (voluto) del presente e quindi del futuro. Tipo: lui si invaghisce dell’amica di sua sorella che va in vacanza da loro e tenta di farla innamorare ma benché cambi continuamente il momento e il modo in cui si dichiara, lei, in modi sempre diversi, lo rifiuta. Il giochino finisce solo quando lui  mette al mondo un figlio. L’evento della nascita spazza via il passato che è possibile modificare. Si, un film leggero, ma mi è scesa una lacrima che ormai non riesco ad emettere neppure per Kramer contro Kramer. E’ inevitabile pensare al destino in questo film, cioè chi ha scritto il soggetto è senza alcun dubbio certo che esista un destino preordinato e non lo si può modificare in alcun modo. Il presente, il futuro, dunque, non sono strettamente il risultato di un particolare passato. Sembrerebbe una visione incredibilmente cattolica in un film incredibilmente laico.
La lacrima mi è scesa perché ho pensato al mio di destino, perché ho riflettuto in quella sala buia mentre scorrevano le immagini. Nonostante mi sia venuto il torcicollo per quanto guardi al passato non servirebbe a nulla modificarlo, nulla eviterebbe il prodursi di ciò che è. Allora, mi chiedo, che ci si sbatte a fare? Io sono abbastanza solidale con l’idea del destino per ciascuno di noi, è l’unico punto che riesca a farmi digerire che ci siano tante ingiustizie: tutto è già stato ordinato perché fosse così. Strano pensiero per una quasi atea, no?
Non consiglio questo film: troppo poco profondo per un cinema d’autore, troppo poco leggero per una commedia divertente e rinfrescante.

Ti abbraccio,

SI, VIAGGIARE..

VIAGGIO SOLA

Ho appena visto un film, parla di una donna che viaggia per il mondo per lavoro giudicando gli alberghi più lussuosi. Durante questi viaggi ha un amico caro, un suo ex, che aspetta un figlio da una donna, una sorella alle prese con la vita di routine con due figlie e un marito, e tutto questo ruota attorno. Ogni tanto questa donna guarda questa vita degli altri come si guarderebbe  un acquario. E’ combattuta: quella è la vera vita? E la sua solitudine dorata è davvero meglio? Viaggiare soli è molto bello, credo, ma bisogna avercelo nel sangue. La vita, quella che tutti si aspettano, forse sin da piccoli, è quella ordinaria: in un luogo, una famiglia, dei figli, un lavoro neutro.- A meno di sognare di fare la rockstar, e sono pochi.- Da grandi se ci piace girovagare da soli, e non per piacere, ci fa venire un mucchio di conflitti. E’ giusto che piaccia questa solitudine?  Perché chi viaggia così una vita “normale” non può certo averla.
Io ho provato quel lavoro e mi è piaciuto moltissimo e tuttora girovago per lavoro o no e ogni volta che lo faccio è come se mi sentissi viva, durante il viaggio. Ciò che devo ancora capire è quella strana sensazione di solitudine che mi assale quando quella felicità desidero condividerla al mio arrivo nell'albergo di turno. Ho risolto il problema, credo, guardando la vita dei passeggeri che incontro: guardo cosa fanno, cosa dicono. Come un’ombra ascolto, mi faccio un’opinione ma sempre da una giusta distanza. E poi rifaccio la valigia e mi sorprendo quanta vita ci sia dentro oltre ai vestiti.
La mia casa è accogliente ma non placa la mia voglia di viaggiare per sentirmi davvero me stessa, la mia casa è un nido prima di spiccare il prossimo volo. Anche a questo dovrei proprio riflettere.

Questo periodo sto viaggiando e so che viaggerò ancora ed è proprio questo che mi conforta nella solitudine della stasi che forzatamente esiste tra un viaggio e l’altro.